Come fare a essere
legare la vita. esistere.
Non aspetterò che di trasformarmi,
io rinascerò di nuovo
(Giacomo 1995)
Giacomo De Nuccio - Gennaio 2010
Per gentile concessione di “Cicoria” - pubblicazione trimestrale della Associazione “via Montereale” - Pordenone
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COMUNICARE LE EMOZIONI
S.O.S. parola
Come comparare la vecchia, dolce, cara missiva ad un conciso e veloce sms ,figlio di questi nostri
tempi senza attesa, fuggevoli?
Non si può non comunicare, l’uomo è un”animale” sociale, l’impossibilità di comunicare è per lui
fonte di alienazione, ma i tempi cambiano e con essi mutano gli stili di vita. I mezzi per
comunicare seguono i mutamenti dell’uomo o forse sono le nuove tecnologie che hanno cambiato
l’uomo?
Si dorrebbe Leopardi, per il quale l’attesa era colma di gioia più della festa stessa, della velocità
con cui le parole viaggiano da un telefonino all’altro, da un computer all’altro? Credo proprio di sì,
il fascino della carta stampata è una malattia senza tempo e senza età.
Un tempo la lettera scritta a mano era il mezzo privilegiato per comunicare a distanza e
soprattutto per trasmettere emozioni rendendo altri partecipi della nostra vita e della nostra
interiorità.
Si sceglieva con cura la carta, si preferiva la stilografica alla più moderna biro e se una goccia
d’inchiostro ribelle sfuggiva al nostro controllo, la carta assorbente era pronta a farla sua. Fogli
imperfetti sui quali si vergavano sentimenti in forma di parole scelte con cura:amicizia, amore,
sdegno, gioia, tristezza,dolore, felicità, entusiasmo,… fiorivano su rettangoli che spesso avevano il
colore del nostro umore e che, potendo, si consegnavano a mano per essere certi che arrivassero
a destinazione. Poi, nei giorni seguenti, l’attesa della risposta occupava i pensieri volti per la
maggior parte a figurarsi le emozioni dell’altro.
Mi tornano in mente i bei racconti della mia bisnonna. Tra i pochi a saper leggere e scrivere in un
paesello di poche migliaia di anime, era diventata l’involontaria confidente giornaliera di tanti cuori
che sapevano parlare e che (n.d.r.)l’avevano contagiata.
Altri tempi? Sì, certo, altri tempi, oggi preferiamo le e-mail che arrivano in tempo reale in ogni
dove e anche a persone che non conosciamo, la chat ha sostituito il telefono, gli emoticons le
espressioni reali del volto e il caro vocabolario è per molti un pezzo di antiquariato neanche troppo
ammirato perché sembra che le parole siano in disuso, altro che “sciacquare i panni in Arno”!
Indietro non si torna, non possiamo che essere figli del nostro tempo, ma, seppure dobbiamo
evitare inutili nostalgie, possiamo comunque tentare di impedire d’essere fagocitati da un sistema
che accelera il tempo, spersonalizza i rapporti e ci proietta in un mondo che rischia di diventare
esclusivamente virtuale.
Io penso che, più che il mezzo, sia la modalità che usiamo per incontrare l’altro ad essere
importante.
Per non avere dubbi sull’innegabile utilità di certi strumenti di comunicazione è sufficiente pensare
a quante vite sono state salvate dal tempestivo invio di un sms o, molto più banalmente, a quanto
sia semplice e comodo avvisare che siamo in ritardo per la cena, ma non è all’utilità che dobbiamo
guardare se vogliamo condividere la nostra anima. Penso altresì che ci si possa ammalare di
“Internet, chat, messenger, mms, sms” e via dicendo se lasciamo che questi rendano virtuale la
nostra vita.
Personalmente, io che ho difficoltà a impugnare una penna e ancora di più a controllare il gesto
grafico e tuttavia non posso aprirmi all’altro che scrivendo, io devo essere grato a chi ha inventato
la posta elettronica, ma cerco di scrivere e-mail il più possibile simili a lettere tradizionali che
abbiano il solo vantaggio di poter essere“imbucate” con un tasto.
D’altronde io non ho coetanei con cui parlare, scambiare emozioni di alcun tipo o a cui comunicare
una variazione d’orario per l’uscita serale. Leopardi direbbe “…a me la vita è male.”, io ritengo
invece d’essere fortunato perché il mio stato mi sottrae ad un tipo di fretta che sembra avvicinarci
e invece ci separa dall’altro. Io posso permettermi di sostare e riflettere, non ho bisogno di fare
ricorso a immagini e simboli minimalisti, fuggo l’isolamento sociale (anche se non si direbbe), non
ci tengo a passare interi pomeriggi chiuso nella mia stanza a spedire messaggi e preferisco il
videotelefono che mi consente di vedere tutti i giorni mio fratello che non abita con me.
Qualcuno potrebbe obiettare che “faccio di necessità virtù”, ma sbaglierebbe, io sono convinto che
le modalità più efficaci di comunicare i moti dell’anima stiano, per chi può permetterseli, nei faccia
a faccia, nel rapporto diretto , possono esserci mille parole in un solo sguardo, decine di frasi in un
abbraccio, anche se per condizione io sono soprattutto un giocoliere della parola scritta.
Ogni generazione ha aspetti di diversità rispetto alle precedenti e se per i nonni un “TVB”
potrebbe essere solo un televisore di serie B, questa sigla scritta ad un tredicenne può farlo
impazzire di gioia , o forse no ,perché mentre scrivo una parte del presente è consumata e altro
sostituisce i TVB, ma che importa?
A mio parere, ancora e nonostante qualsivoglia abbreviazione, la parola, tratto distintivo del
genere umano, può essere fonte di emozione. L’essenziale è conservare la capacità di
emozionarsi.